MARIA GRAZIA GAROFOLI – Coreografa Ballerina | Cinema e Danza
Coreografie, Recensioni, Interviste, Bibliografia, Raccolta Fotografica dell'Artista Maria Grazia Garofoli.
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Cinema e Danza

Cinema e Danza

A2

Insieme a Enrico Pieruccini ho selezionato una lista di film inerenti alla danza: ci sono musical come Un americano a Parigi, ballet film come Scarpette rosse o Il sole a mezzanotte, ma anche classiche commedie hollywoodiane come La signora di mezzanotte (che ha per protagonista una ballerina) o film come Salomè di William Dieterle dove la protagonista è un’inedita danzatrice, in questo caso Rita Hayworth alle prese con la danza dei sette veli. La lista, particolarmente eterogenea, può essere il punto di partenza per analizzare i complessi rapporti esistenti tra il cinema e la danza.

Maria Grazia Garofoli

In ordine alfabetico

A

All that jazz (USA 1979) di Bob Fosse con Roy Scheider, Jessica Lange, Ann Reinking, Leland Palmer, Erzsebet Foldi. Joe Gideon, regista-coreografo con un debole per le donne è impegnato contemporaneamente nel montaggio di un film e nell’allestimento di un musical a Broadway. Più che con il cibo si tiene su con pacchetti di sigarette e compresse di dexedina. Un infarto lo costringerà in ospedale dove morirà passando attraverso cinque fasi: ira, rifiuto, trattativa, disperazione e accettazione. Entusiasmanti le parti danzate, in puro stile jazz, a firma di Bob Fosse: dalla mega-audizione iniziale al duetto di Ann Reinking (amante di Joe) con la piccola Erzsebet (figlia di Joe), dagli assoli della attempata Palmer al sensualissimo balletto Air Rotica su Take off with us.
Ottimo film – nonostante il magniloquente narcisismo di Fosse – vincitore di quattro Oscar e Palma d’oro a Cannes nel 1980.

 

Un americano a Parigi (An american in Paris, USA 1951), di Vincente Minnelli con Gene Kelly, Leslie Caron, Oscar Levant, Nina Foch, Georges Guétary. In una Parigi anni Cinquanta nasce l’amore tra uno squattrinato pittore americano e una commessa di profumeria. Lui però si sente in debito con una riccona-mecenate che è innamorata di lui, e lei con un uomo a cui deve tutto. Musiche di Gershwin e balletti con stupende coreografie di Kelly spesso ispirate agli impressionisti francesi. Cinque Oscar , tre milioni di dollari di costo, seicentomila solo per il balletto finale.

 

Anna (Italia 1952) di Alberto Lattuada con Silvana Mangano, Vittorio Gassman, Raf Vallone, Gaby Morlay, Jacques Dumesnil, Pietro Lulli. Anna, ballerina di night-club, è divisa tra l’amore puro che le dimostra Andrea e quello carnale di Walter. Quando Andrea uccide Walter lei prende i voti di suora, ma anni dopo, per un’operazione, Andrea capita nell’ospedale dove la religiosa presta servizio e rinasce l’amore. Per la cronaca questo melodrammone fu il primo film italiano a incassare più di un miliardo sul mercato nazionale e a essere distributo doppiato negli Stati Uniti.

 

Anna Pavlova (URSS 1983), di Emil Lotianu con Galina Beliaeva, Martin Scorsese, James Fox, Jacques Debary, Sergej Sciakurov. La vita della mitica ballerina russa illustrata con dovizia di particolari in una sorta di affresco che va dall’infanzia alla morte. Accanto alla protagonista (selezionata tra cinquanta ballerine dotate anche di doti attorali), oltre duecento danzatori e danzatrici, centinaia di comparse e, con barba e baffi alla Toulouse-Latrec, Scorsese nel ruolo di un dispotico direttore di teatro amico di Enrico Caruso.

 

A scuola di ballo (Stepping out, USA 1991) di Lewis Gilbert con Liza Minnelli, Shelley Winters, Bill Irwin, Ellen Greene, Julie Walters, Robyn Stevan, Sheila McCarthy. Piombata nell’anonimato dopo essere stata una star del tip tap, un’ex ballerina apre a Buffalo una scuola di ballo e forma una compagnia di tutto rispetto. Il film è una pallida copia di Saranno famosi.

B

Ballando ballando (Le bal, Francia-Italia-Algeria 1983), di Ettore Scola, intrepreti ventitré attori-mimi-danzatori del Théâtre du Campagnol. In una sala da ballo alla periferia di Parigi vengono rivisitati a passo di danza cinquant’anni di storia e di cronaca: dal maggio del 1936 quando si festeggia la vittoria del Fronte Popolare all’occupazione nazista, dagli orrori della seconda guerra mondiale alla liberazione, dagli anni Cinquanta al 1968, fino agli anni Ottanta. Tutti momenti senza parole scanditi solo dalla musica e dalla danza: dai valzer e dai tanghi alla malinconica Lili Marlène, dal boogie-woogie di Glen Miller al mambo, al bajon al cha-cha-cha fino al twist e alla disco-music.

 

La bellezza di Ippolita (Italia-Francia 1962) di Giancarlo Zagni con Gina Lollobrigida, Enrico Maria Salerno, Milva, Carlo Giuffrè. Ippolita, ballerina sposata con un benzinaio che la tradisce, si vendica raccontandogli le proprie scappatelle, alcune vere e altre inventate. Commedia “spregiudica e grassoccia” (così la definisce Morandini) tratta dall’omonimo romanzo di Elio Bartolini del 1955.

 

Billy Elliot (G.B. 2000), di Stephen Daldry con Jamie Bell, Gary Lewis, Jamie Draven, Julie Walters, Jean Haywood, Stuart Wells. Nel 1984 a Durham (Nordest dell’Inghilterra) è in corso un lungo e vano sciopero dei minatori contro il governo conservatore della Thatcher. In contrasto con l’ambiente che lo circonda, l’undicenne Billy Elliot, orfano di madre, figlio e fratello di minatori, sembra nato per danzare. Aiutato da una maestra locale supera un’audizione e viene ammesso alla scuola del Royal Ballet. Quattordici anni dopo, al Covent Garden, interpreta il Lago dei cigni con la coreografia di Matthew Bourne. Il film segna l’esordio di Daldry (noto regista teatrale) nel cinema. Scrive il Morandini: «Tipico esempio di film riuscito e di grande successo che lascia tiepidi i critici. Ha tutto per piacere: percorso a ostacoli con vittoria finale; contrasto tra l’aspirazione alla bellezza (musica e danza) e l’aspro sfondo sociale; luoghi comuni (non tutti i ballerini sono gay). La carta vincente è il piccolo J. Bell ma il merito è anche di Daldry e della sua brillante e cangiante scrittura registica».

 

The blues brothers (USA 1980), di John Landis con John Beluschi, Dan Aykroyd, Cab Calloway, Ray Charles, Aretha Franklin. Un autentico cult non solo per i fan di Beluschi. La coppia protagonista, forse la più grande “combinaguai” della storia del cinema, dà vita a numeri danzati con passi così strampalati e anomali da rasentare però, paradossalmente, la pura musicalità balanchiniana: tutto in chiave blues. Tra le apparizioni fugaci quella di Steven Spielberg e di Twiggy.


Bolero (Les uns et les autres, Francia 1981) di Claude Lelouch con Robert Hossein, Nicole Garcia, Geraldine Chaplin, James Caan, Daniel Olbrychski, Macha Méril. Nel corso delle vicende di quattro famiglie accomunate dall’amore per la musica nel periodo 1936-1980 c’è anche il confronto tra due boleri: quello celebre di Béjart interpretato da Jorge Donn e quello che contrappone, nel 1937, due ballerine del Bolscioi.

 

Il boxeur e la ballerina (Movie movie, USA 1978), di Stanley Donen con George C. Scott, Barbara Harris, Trish Van Devere, Eli Wallach, Art Carney. Non è una storia che ha per protagonisti un boxeur e una ballerina: è uno spettacolo doppio, con due storie diverse, come si usava negli anni 30. Nella prima (Dynamithe hands) un avvocato che ha il pugno proibito si dà alla boxe per pagare alla sorella un delicato intervento agli occhi. Nella seconda (Baxter’s Beauties of 1933) un celebre produttore che mette in scena il suo ultimo musical riconosce in una ballerina la figlia perduta e muore felice tra le sue braccia. Il primo episodio gioca sugli stereotipi dei melodrammi pugilistici, il secondo ricostruisce a meraviglia, con le coreografie di Michael Kidd, l’estetica di Busby Berkeley.

 

Breakdance (Breakin’, USA 1984), di Joel Silberg con Lucinda Dickey, Adolfo “Shabba Doo” Quinones, Michael Chambers. Una cameriera che lavora in una tavola calda sa anche meravigliosamente danzare. Conosce due ballerini di breakin’, si unisce a loro e il trio vince un concorso. La vicenda è un pretesto per tenere insieme i numeri di danza.

 

Breakdance II (Breakin’ 2: Electric Boogaloo, USA 1984), di Sam Firstenberg con Lucinda Dickey, Adolfo “Shabba Doo” Quinones, Michael Chambers, Susie Bono. Un gruppo di amici rimette in sesto un edificio abbandonato e ne fa un centro ricreativo ma il Comune li ostacola perché il piano urbanistico prevede la demolizione della costruzione. Seguito di Breakdance realizzato addirittura nello stesso anno “per non lasciar passare troppa acqua sotto i ponti di un breve successo” commenta il Morandini.

C

Cappello a cilindro (Top hat, USA 1935) di Mark Sandrich con Fred Astaire, Ginger Rogers, Helen Broderick, Edward Everett Horton, Eric Blore. Giunto a Londra da Broadway per interpretare il suo ultimo successo, un attore conosce Dale, un’affascinante modella, e se ne innamora. Lei però, scambiandolo per il marito di una sua amica, lo tiene a distanza. Da qui una lunga serie di equivoci a catena che fanno di questo film una delle migliori interpretazioni della coppia Astaire-Rogers.

 

Carioca (Flying down to Rio, USA 1933) di Thornton Freeland con Dolores Del Rio, Fred Astaire, Ginger Rogers. Fred Astaire e Ginger Rogers non furono le “stelle” di questo film (nei titoli di testa non sono primi) ma furono determinanti per il suo successo. Particolarmente celebri due numeri: Carioca, in cui danno lezione di danza agli imbranati ballerini di un locale notturno, e Flying down to Rio dove Ginger canta sulle ali di un aereo circondata da ballerine che danzano e da trapezisti che si lanciano da un aereo all’altro. Frase di lancio: “un film che sale in cielo sulle ali della canzone”.

 

Carmen story (Carmen, Spagna 1983), di Carlos Saura con Antonio Gades, Cristina Hoyos, Paco De Lucia e Laura Del Sol dal racconto omonimo di Merimée. Antonio, celebre coreografo, è alla ricerca di una danzatrice flamenca che interpreti Carmen. Finalmente trova la ballerina ventenne, affascinante e sensuale che aveva sempre sognato. Ma finzione e realtà s’intrecciano: e tra Cristina, maître di ballet che non accetta di essere soppiantata dalla nuova venuta, e Carmen divampa la rissa. Carmen sfregia la rivale-maestra e viene arrestata dallo stesso Antonio che intanto è diventato don Josè. Dopo l’amore la gelosia: Antonio – don Josè uccide il marito di Carmen (uno spacciatore di droga) e anche lei, rea di averlo tradito con un torero. Come nel precedente Nozze di sangue, la coreografia è puro flamenco con qualche concessione all’accademico.

 

Chorus line (A chorus line, USA 1985), di Richard Attenborough con Michael Douglas, Alyson Reed, Terrence Mann. Venti ballerini partecipano a un’audizione per uno spettacolo musicale: soltanto otto di loro saranno scelti e la selezione si trasforma in una sorta di psicodramma.Il film è tratto dal superpremiato musical di N. Dante e J. Kirkwod che a Broadway polverizzò ogni record di durata. La regia di Attenborough “rispetta la danza – sottolinea il Morandini – ma non la esalta”. Tra i numeri migliori At the balletNothing e Surprise. Nel ruolo di Zach, il regista selezionatore, un quarantunenne Michael Douglas mentre la Reed è Cassie, sua ex fidanzata ed ex ballerina di successo. Zach non ha il minimo riguardo verso Cassie e lei è costretta a sudare sette camicie.

 

La contessa scalza (The barefoot contessa, USA 1954) di Joseph L. Mankiewicz con Ava Gardner, Humphrey Bogart, Edmond O’Brien, Valentina Cortese, Rossano Brazzi, Marius Goring, Alberto Ravagliati e Franco Interlenghi. In un locale spagnolo un regista americano scopre un’affascinante ballerina che danza scalza e la lancia come star hollywoodiana. Un melodramma a tinte forte incentrato sulle frustrazioni sessuali della protagonista.

D

La danza incompiuta (The unfinished dance, USA 1947)di Henry Coster con Margaret O’Brien, Cyd Charisse, Danny Thomas, Karin Booth ed Esther Dale. Un’allieva di una scuola di danza (M. O’Brien) ha per idolo una ballerina étoile (C. Charisse). Durante una rappresentazione del Lago dei cigni l’allieva provoca un incidente in cui rimane ferita la rivale della sua prediletta. Remake hollywoodiano di Fanciulle alla sbarra (La mort du cygne, 1938) di Jean Benoît-Lévy tratto da un racconto di Paul Morand.

 

Danzon (Danzón, Messico 1991) di Maria Novaro con Maria Rojo, Carmen Salinas, Blanca Guerra, Tito Vasconcelos, Margarita Isabel. Quarantenne appassionata di ballo da sala, lascia Città del Messico e si trasferisce a Vera Cruz alla ricerca del suo partner preferito scomparso senza lasciare traccia. Una storia d’amore e di ballo in chiave molto femminile.

 

Dirty Dancing – Balli proibiti (Dirty dancing, USA 1987), di Emile Ardolind con Jennifer Grey e Patrick Swayze. È il 1963 e mentre è in vacanza con i genitori sui monti Catskills, la diciassettenne Baby Hauseman (J. Grey) s’imbatte nell’istruttore di ballo Johnny Castle (P. Swayze) che le insegna un nuovo modo di ballare, sensuale e disinibito, la dirty dancing. Tra un ballo e l’altro Baby s’innamora di Patrick. Piuttosto penoso.

 

Due vite una svolta (The turning point, USA 1977), di Herbert Ross con Anne Bancroft, Shirley MacLaine, Leslie Browne, Mikhail Baryshnikov, Tom Skerrit. Emma, una ballerina affermata (A. Bancroft), ritrova Deedee (S. MacLaine), una ex collega e amica divenuta una tranquilla casalinga. Tra le due esplodono vecchie rivalità e nuovi rancori soprattutto quando Emma, ormai sul viale del tramonto, comincia a dare consigli a Emilia (figlia di Deedee), anche lei ballerina. Baryshnikov è Yuri Kopeikine, il ballerino russo che seduce Emilia. Il film, che ha per sfondo l’American Ballet, ebbe undici canditure all’Oscar e non ne vinse neanche uno: un record. Tra i molti aneddoti legati a questo film l’imposizione di Ross alla MacLaine d’ingrassare di qualche chilo per accentuare il suo aspetto di casalinga che da anni ha rinunciato alla danza. E poi c’è la scena del drink che la Bancroft getta in faccia alla MacLaine: la scena non era prevista e la sorpresa della MacLaine è palese. Clamorosa infine la gaffe tecnica nella scena del gala (forse anche per questo niente Oscar) quando Baryshnikov esegue i suoi celeberrimi manèges nel Corsaire: sul pavimento, in bella vista, le ombre della macchina da presa, del cavalletto e di due operatori. Fortunatamente gli occhi dei ballettofili sono tutti per i salti di Baryshnikov.

E


F

Femmina (La femme et le pantin, Francia-Italia 1958) di Julien Duvivier con Brigitte Bardot, Antonio Vilar, Jess Hahn. Un aristocratico spagnolo non più giovane s’innamora di Eva, danzatrice di flamenco, e cerca di conquistarla. Lei gli si concede solo quando lui rinuncia al proprio onore e per questo finirà in prigione. Il film è tratto dal romanzo di Pierre Louys La donna e il fantoccio (La femme et le pantin) del 1898 che ha ispirato anche Capriccio spagnolo (The devil is a woman, USA 1935) di Josef von Sternberg con Marlene Dietrich e Quell’oscuro oggetto del desiderio (Cet obscur objet du désir, Francia 1977) di Luis Buñuel con Carole Bouquet.

 

Flashdance (USA 1983) di Adrian Lyne con Jennifer Beals, Michael Nouri, Marine Johan (controfigura della Beals nelle scene di danza), coreografie di Jeffrey Hornaday. A Pittsburgh, città industriale della Pennsylvania, Alex lavora di giorno come operaia saldatrice mentre la sera danza al Mawby’s Bar. Il suo sogno è diventare ballerina professionista ma all’antiquata scuola locale di danza la sua domanda viene respinta. Con l’aiuto del principale, innamorato di lei, non demorde e supera un’audizione esibendosi con uno stile tra l’acrobatico e la discodance “amplificato” da evidenti trucchi cinematografici. Lasciata la fabbrica, troverà l’amore e diventerà famosa come in certe fiabe. Per la cronaca i fans italiani della Beals poterono ammirare la sua controfigura Marine Johan che per otto puntate fu ospite fissa di Tastomatto (RaiUno, sabato sera) a partire dal 12 gennaio 1985.

 

Footloose (USA 1984), di Herbert Ross. In una piccola città del Middle West ballo e rock sono stati messi al bando per essere stati la causa, seppure indiretta, della morte di alcuni giovani. Un bel giorno arriva da Chicago un ragazzo nato per la danza: con l’aiuto di una bella ragazza del luogo riuscirà a cambiare le cose. “Tentativo di mescolare Flashdance con Gioventù bruciata” lo definisce il Morandini. E prosegue: «Nonostante la regia di H. Ross che col teatro e la danza ci sa fare, il cocktail non si può dire riuscito perché la storia è debole e gli attori mediocri».

G

Gilda (USA 1945), di Charles Vidor con Rita Hayworth, George MacReady, Glenn Ford. Mundson, proprietario di un casinò di Buenos Aires sposa un’ex ballerina a suo tempo amata dal fedele collaboratore di Mundson: un triangolo di amore-odio con una latente carica di omosessualità. Un cult per i fan di Rita che canta Put the blame on mame e balla splendidamente Amado mio.

 

Godpell (USA 1973), di David Greene con Victor Garber, Merrel Jackson, Katie Hanley. A New York dieci ragazzi, cantano, danzano e mimano le pagine del Vangelo sulle trascinanti musiche rock di Stephen Schwartz. Tratto dal musical omonimo, è girato in esterni autentici.

 

Grand Hotel (USA 1932), di Edmond Goulding con Greta Garbo, John Barrymore, Joan Crawford, Lionel Barrymore. Tratto dal romanzo Grand Hotel (Menschen im Hotel, 1929) della scrittrice Vicki Baum (Vienna 1888 – Hollywood 1960), vinse l’Oscar come miglior film. La vicenda è ambientata in un albergo di Berlino dove il decaduto barone Gaigern salva dal suicidio la Grusinskaja, ballerina russa in declino e se ne innamora. Ne esiste un remake del 1945 con la regia di Robert Leonard.

 

Grease – Brillantina (Grease, USA 1978), di Randal Kleiser, con John Travolta, Olivia Newton-John. Tratto dalla commedia musicala di Jim Jacob e Warren Casey, è ambientato in una scuola di provincia degli anni Cinquanta. Storia d’amore a lieto fine (“a mezza strada tra West Side Story e Gioventù bruciata” la definisce il Morandini) tra un guappo lui che si darà una calmata e diventerà più “ammodino” e una lei tutta d’un pezzo che alla fine si lascerà andare. Quarto film di John Travolta, il secondo dopo il successone della Febbre del sabato sera (1977), è invece un fuoco di paglia per la meteora Newton-John. Memorabile la scena finale in cui lei, smessi gli abiti da educanda, balla su You’re the one that I want in attillati pantaloni neri con un imbrillantinato Travolta che non crede ai suoi occhi.

 

Grease 2 (USA 1982), di Patricia Birch, con Maxwell Caufield, Michelle Pfeiffer. Fiacco seguito del primo con i ruoli completamente ribaltati: è lui questa volta l’imbranato che sta sui libri mentre lei, la più scatenata delle Pink Ladies, ha un debole per gli uomini muscolosi e le moto. Nella metamorfosi finale lui si trasformerà in centauro per conquistarla. “La grinta del primo Grease – commenta il Morandini – si è stemperata in una zuppetta al saccarosio”.

H


I

Isadora (G.B. 1968), di Karel Reisz con Vanessa Redgrave, Jason Robarts, James Fox, Ivan Tchenko, Cynthia Harris. Una grande Vanessa Redgrave nei panni di Isadora Duncan (1878-1927), la danzatrice che rivoluzionò il balletto d’inizio 900 e morì strangolata dalla sciarpa rimasta impigliata nella ruota della Bugatti. La produzione tagliò il film di tre quarti d’ora puntando tutto sugli amori di Isadora, qui più bohème che hippie, più femminista che suffragetta. Sei, prima dell’inizio delle riprese, i mesi di scuola intensiva di danza per la Redgrave che sotto i veli turchesi sfoggia alla grande le sue belle e lunghe gambe. Ma il film cascò male finendo sotto la terribile “ghigliottina” del 68.

J

Jesus Christ Superstar (USA 1973), di Norman Jevison con Ted Neely, Carl Anderson, Yvonne Elliman. Un musical (tratto dall’opera rock di Tim Price e Andrew Lloyd Webber) coi fiocchi e pieno di canzoni memorabili. Poca la danza ma i movimenti coreografici della masse sono di ottima fattura.

K


L

Luci della ribalta (Limelight, USA 1952) di Charles Chaplin con Claire Bloom, Charles Chaplin, Buster Keaton, Sydney Chaplin, Nigel Bruce, Norman Lloyd. Un clown alcolizzato che non fa più ridere salva dal suicidio una ballerina e le dà fiducia nella vita tanto da farla arrivare al successo. La ballerina che fa da controfigura alla Bloom è Melissa Hayden.

M

Mata Hari (Mata hari, USA 1932) di George Fitzmaurice con Greta Garbo, Ramon Novarro, Lionel Barrymore, Lewis Stone, Henry Gordon. Nella Francia del 1917 la danzatrice Mata Hari, amante del lusso e dei gioielli, è una spia al servizio dei tedeschi. Scoperta dai francesi, viene condannata a morte e fucilata. Nella sequenza del ballo, piuttosto osé per quei tempi, fu usata una controfigura.

 

Murder rock – Uccide a passo di danza (Italia 1984) di Lucio Fulci con Olga Karlatos, Ray Lovelock, Claudio Cassinelli, Cosimo Cinieri. Quasi una parodia di Flashdance in una scuola di ballo dove avvengono diversi omicidi. Secondo la direttrice il colpevole sarebbe un maniaco che usa uno spillone per uccidere le sue vittime. Di Keith Emerson le musiche di questo thriller che Morandini definisce “stravagante”.

N

Ninì Tirabusciò, la donna che inventò la mossa (Italia 1970) di Marcello Fondato con Monica Vitti, Gastone Moschin, Sylva Koscina, Peppino De Filippo, Salvo Randone, Claude Rich. Attrice che sogna di diventare una grande del teatro di prosa, diventa invece celebre come soubrette del varietà inventando una mossa d’anca sul rullare di un tamburo.

 

Nozze di sangue (Bodas de sangre, Spagna 1981), di Carlos Saura con Antonio Gades e Cristina Hoyos, dall’omonima pièce teatrale di Federico Garcia Lorca. Alla vigilia delle nozze la sposa viene rapita da Lorenzo. Lo sposo si mette sulle tracce del rapitore, lo raggiunge, lo sfida a duello e muoiono entrambi. Questo nella seconda parte che ripropone il balletto creato da Gades nel 1974. Nella prima si assiste, nei camerini e dietro le quinte, ai preparativi dello spettacolo con filmati in stile documentaristico. La coreografia è puro flamenco con qualche concessione all’accademico. Tra le curiosità la presenza, nel cast, di Carmen Villani. Una precedente versione cinematografica di Bodas de sangre è del 1938 con la regia di E. Guibourg.

O

Orchidea bionda (Ladies of the Chorus, USA 1949), di Phil Karlson con Adele Jergens, Randy Brooks, Marilyn Monroe, Nana Bryant. Una madre ostacola la scelta sentimentale della figlia ballerina perché non non ripeta l’errore da lei fatto in gioventù. Una Monroe non ancora famosa nei panni anche di cantante.

 

Orfeo negro (Orfeu negro, Francia-Brasile-Italia 1959) di Marcel Camus con Bruno Mello, Marpessa Dawn, Lourdes De Oliveira, Ademar Da Silva. Il mito di Orfeo ed Euridice trasposto nelle favelas di Rio de Janeiro durante il carnevale con coinvolgenti sambe su musiche di Antonio Carlos Jobim e Luis Bonfa.

P

Pennies from Heaven (USA 1981), di Herbert Ross con Steve Martin, Bernadette Peters, Jessica Harper, Christopher Walken. Herbert Ross non dimentica il suo passato di coreografo e propone negli anni di maggiore crisi del musical cinematografico un musical ambientato nella Chicago degli anni 30.

 

Il principe e la ballerina (The prince and the showgirl, USA-GB 1957), di Laurence Olivier con Marilyn Monroe e Laurence Olivier. Il film, tratto dalla commedia The sleeping prince (1953) di Rattigan, con la danza non c’entrerebbe nulla. Rientra però appieno nella sociologia della danza perché nella Londra del 1911 il granduca Carlo di Carpazia che è in visita ufficiale, cerca compagnia per una seratina galante e individua in una ballerina americana la donna giusta da portarsi a letto. Lei gli dirà di no e… finirà come Pretty woman.

Q


R

Ragtime (Ragtime, USA 1981) di Milos Forman con Mary Steenburgen, Pat O’ Brien, James Cagney, Elizabeth McGovern, James Olson, Howard E. Rollins Jr, Brad Dourif, Donald O’Connor, Mandy Patinkin, Norman Mailer, Samuel L. Jackson, Keneth McMilan. Quattro storie s’intrecciano in un’America d’inizio Novecento. Tra queste quella di una ballerina, Evelyn, che sposa un giovane miliardario. Ma il matrimonio dura poco: dopo avere ucciso un architetto reo di avere raffigurato Evelyn nuda in cima al Madison Square Garden, lui finisce in manicomio.

S

Salomè (Salome, USA 1953), di William Dieterle, con Rita Hayworth, Stewart Granger, Judith Anderson, Charles Laughton. In questo film non eccelso dove Giovanni Battista pare un agitprop, la Hayworth si cimenta nella celebre danza-spogliarello dei sette veli con movenze da vergine innamorata, quasi neofita cristiana. Piuttosto inespressiva, più di trent’anni dopo, la Salomè di Jo Champa nel film di Claude D’Anna del 1986 che rilegge in chiave politica il dramma di Oscar Wilde. Da ricordare Salomè (Salome, where she danced, USA 1945) di Charles Lamont che nulla c’entra con Wilde, protagonista una ballerina viennese sospettata di spionaggio (è il 1866 ed è in corso la guerra austro-prussiana) che fugge in Arizona con un giornalista americano.


Saranno famosi (Fame, USA 1980) di Alan Parker con Irene Cara, Lee Curreri, Eddie Barth, Laura Dean, Paul Mc Craine, Barry Miller, Gene Anthony Ray, Maureen Teefy. Sogni, contrasti, aspirazioni, amori e fallimenti all’interno della NYC’s Hight School of Performing Arts (Scuola superiore di Arti drammatiche di New York). Di Louis Falco le brillanti coreografie, di Michael Gore le musiche che vinsero l’Oscar. Celeberrima la canzone Fame. Dal film nacque una fortunata serie tv che in Italia andò in onda su RaiDue dal 1983 al 1986.

Save the last dance (USA 2001) di Thomas Carter con Julia Stiles, Sean Patrick Thomas, Larry Washington, Fredro Starr, Bianca Lawson, Terry Kinney e Vince Green. Dopo la morte della madre una giovane allieva di danza classica si trasferisce a Chicago nella casa del padre jazzista. A Chicago s’innamora di un ragazzo afroamericano che le insegna a ballare hip-hop. La loro storia d’amore s’intreccia a numeri danzati eseguiti da controfigure.

La signora di mezzanotte (Midnight, USA 1939), di Mitchell Leisen con Claudette Colbert, Don Ameche, John Barrymore, Francis Lederer, Mary Astor, Elaine Barrie, Hedda Hopper. La danza non c’entra nulla, ma la protagonista è una ballerina e la sceneggiatura (questo è l’aspetto interessante) risente dei luoghi comuni di allora sulle danzatrici. Rimasta senza soldi a Parigi, una ballerina americana, Eve Peabody, si fa passare per contessa ungherese e viene ingaggiata da un riccone perché seduca il mondano corteggiatore di sua moglie. S’intromette un tassista – ex conte russo innamorato della ballerina – che si finge il marito di Eve. Scritta da Billy Wilder a quatto mani con Charles Brackett, è considerata una dei migliori commedie hollywoodiane degli anni Trenta.

Il sole a mezzanotte (White nights, USA 1985), di Taylor Hackford con Mikhail Baryshnikov, Gregory Hines, Helen Mirren, Isabella Rossellini, Geraldine Page, Jerzy Skolimowskj. A causa di un’avaria l’aereo su cui viaggia un danzatore classico sovietico fuggito in Occidente, Nikolai “Kolya” Rodchenko, è costretto a un atterraggio di emergenza in Unione Sovietica. Qui incontra Raymond Greenwood, tap dancer statunitense di colore fuoriuscito dagli States per ragioni politiche e razziali. Melodramma fortemente antisovietico, ha nel cast il regista polacco Skolimowskj nella parte di un bieco colonnello del KGB e Isabella Rossellini nel ruolo di Darya, moglie di Raymond.

Scarpette rosse (The red shoes, GB 1948), di Michail Powell e Emeric Pressburger con Anton Walbrook, Moira Shearer, Marius Goring, Frederick Ashton, Léonide Massine, Robert Helpmann, Albert Basserman, Ludmilla Tchérina, Esmond Knight. È l’unico film di danza a cui il Morandini dà quattro stelle. Ecco cosa scrive: «Sottoposta a una ferrea disciplina da Lermontov (A. Walbrook), direttore di una celebre compagnia di danza classica, Vicky Page (M. Shearer) arriva a un successo trionfale con il balletto Scarpette rosse ispirato alla fiaba omonima di Hans Christian Andersen. Dilaniata tra l’amore per la danza (e la dedizione a Lermontov) e l’amore ricambiato per il compositore Julian Craster (M. Goring), sceglie per il secondo. Inutilmente. Ormai identificata con il personaggio, danzerà fino alla morte. È il più grande successo della coppia Powell-Pressburger anche se forse non la loro opera maggiore. Considerato il miglior ballet film della storia del cinema, ma anche la più esemplare espressione del melodramma cinematografico, è diventato un vero cult movie, amato da spettatori e spettatrici commossi di mezzo mondo, ma anche da celebri registi (Martin Scorsese, Francis Ford Coppola, Brian De Palma) e raffinati cinéphiles. “Ammantandolo – scrive Emaunuela Martini – con i colori smaglianti del melodramma, Powell e Pressburger fanno digerire al pubblico un assunto incredibile: il fatto che l’arte sia qualcosa per cui si può morire”. È nello stesso tempo romantico ed espressionista, una fantasticheria e un incubo, un dramma psicologico e una favola, un’anomala miscela di narrativa popolare, abuso di stereotipi e sperimentazione visiva, ribaltamento delle convenzioni, vertiginosa reinvenzione della realtà. Ebbe due premi Oscar: musica di Brian Easdale e scene di Hein Heckroth». Da brivido la partecipazione straordinaria di Léonid Massine.

Staying alive (USA 1983) di Sylvester Stallone con John Travolta, Cynthia Rhodes, Finola Hughes. Tony Manero vuole diventare un ballerino e sbarca il lunario facendo il cameriere. Conteso da una ragazza che lo ama e da una ricca capricciosa, arriva al successo, umilia la seconda e sposa la prima. «Anemico seguito – scrive il Morandini – della Febbre del sabato sera, è messo in immagini da Stallone con un occhio a Rocky. Straordinario nel suo cattivo gusto il momento di danza all’inferno. Comunque Travolta incanta quando balla».

 


Suspiria (Italia 1977) di Dario Argento con Jessica Harper, Alida Valli, Stefania Casini, Joan Bennet, Flavio Bucci, Miguel Bosè, Renato Scarpa. Susy, una ragazza americana, si reca a Friburgo per iscriversi a un’accademia di danza e qui assiste a due omicidi: quello di un’allieva che viene ritrovata massacrata e quello del pianista cieco che è sbranato dal cane. Nonostante avverta forti malesseri e l’accademia venga invasa da strani vermi, Susy si fa coraggio e arriva a scoprire che il luogo è soggetto a un’antica maledizione. Un “thriller assordante” lo definisce Morandini, senza logica narrativa, giocato soprattutto sulla scenografia e sulle musiche dei Goblin.

T

Tango (Tango, Argentina – Puerto Rico 1998), di Carlos Saura con Miguel Angel Solà, Cecilia Narova, Julio Bocca, Mia Maestro, Juan Carlos Copes, Xarlos Rivarola. Terminata la “saga” del flamenco Saura passa al tango con la storia di un regista (appena mollato dalla sua donna) che vuole mettere in scena un musical sulla storia recente dell’Argentina. Sulla scena s’innamorerà di una giovane promettente ballerina di tango. Tra gli interpreti Julio Bocca.

 

Tangos – L’esilio di Gardel (Tangos – El exilio de Gardel, Argentina-Francia 1983), di Fernando Ezequiel Solanas. Sul finire degli anni 70 un gruppo di artisti argentini in esilio mette in scena a Parigi uno spettacolo di danza e musica, protagonisti una ventina di ottimi ballerini e l’orchestra di Osvaldo Pugliese che esegue musiche originali di Astor Piazzolla. Il film (premio della giuria a Venezia nel 1985) affronta il tema dell’esilio e dell’integrazione culturale e con la voce di Carlos Gardel fa rivivere la nostalgia per l’Argentina.

 

A time for dancing (USA 2002), di Peter Gilbert con Larisa Oleynik, Shiri Appleby, Peter Coyote, Scott Vickayous. Scrive il Morandini: «Amiche fin da bambine, Sam e Jules frequentano una scuola di ballo. Sam, di famiglia modesta, lo fa per piacere mentre Jules aspira a entrare nella prestigiosa scuola di danza Juillard di New York e a diventare professionista. Ma un tumore infrangerà il sogno di Jules che diverrà in poco tempo una malata terminale. Tratto da un romanzo di Davide Wills Hyrwin, il film è manierato, sciatto, intriso di sentimentalismo».

 

Tre americani a Parigi (So this is Paris, USA 1954) di Richard Quine con Tony Curtis, Gloria De Haven, Gene Nelson, Corinne Calvet, Paul Gilbert, Mara Corday. Tre marinai americani in licenza a Parigi fanno amicizia con tre ragazze francesi tra cui una ballerina. Una sorta di plagio di Un giorno a New York di Kelly-Donen.

 

Trittico d’amore (Invitation to the dance, USA 1956) di Gene Kelly con Gene Kelly, Igor Youskevitch, Tommy Rall, Tamara Toumanova, Claire Sombert, David Paltenghi, David Kasday, Daphne Dale, Belita. Un autentico capolavoro creato da Kelly senza pensare al mercato, un film-balletto in tre episodi senza neppure una parola di dialogo. Nel primo, Circus su musica di Jacques Ibert, un clown (I. Youskevitch), per divertire l’amata, cammina su un filo finché cade e muore. Nel secondo, Ring around the Rosy, con la Toumanova, un monile passa di amante in amante fino a tornare al possessore originario: simbolo della sifilide, oggi il bracciale potrebbe essere una metafora dell’Aids. L’episodio è tratto da Girotondo (Reigen, 1897) di Arthur Schnitzler, dieci dialoghi amorosi fra varie lei e vari lui (prima e dopo l’atto sessuale) con le coppie che di volta in volta si scambiano. A chiudere il trittico è Simbad the sailor su musica di Rimskij-Korsakov, protagonista Gene Kelly. A Bagdad Simbad compra una lampada da cui poco dopo esce un genietto che accompagnerà il padrone in un mondo da Mille e una notte popolato di personaggi dei cartoon. Come in Due marinai e una ragazza Kelly avrà partner di prestigio tra cui il topino Jerry. Realizzato nel 1952 e distribuito quattro anni dopo, il film fu un fiasco commerciale e chiuse la stagione d’oro del musical MGM.

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Il venditore di palloncini (Italia, 1974) di Mario Gariazzo con Marina Malfatti, Renato Cestié, Lee J. Cobb, James Whitmore, Maurizio Arena, Lina Volonghi, Adolfo Celi, Gianni Agus. Maria, una ballerina, abbandona marito e figlio per un nuovo amore.

 

La vita privata di Sherlock Holmes (The private life of Sherlock Holmes, GB – USA 1970) di Billy Wilder con Robert Stephens, Colin Blakely, Christopher Lee, Geneviève Page, Irene Handl, Tamara Toumanova, Stanley Holloway, Clive Revill, Catherine Lacey. Il film, incentrato sullo svelamento delle apparenze, è un puzzle di avventure segrete e inedite di Sherlock Holmes, tutte che hanno a che fare con le donne, tutte che rivelano la sua profonda misoginia. La scena iniziale è ambientata al Covent Garden dove Anna Pavlova è la protagonista del Lago dei cigni. Tra il pubblico un poco ballettofilo Holmes che si addormenta durante lo spettacolo.

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